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Groenlandia: i suoni del silenzio di Jessica Melluso

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Groenlandia: i suoni del silenzio di Jessica Melluso

Giugno 2012: avevo scelto con cura il periodo sapendo di poter godere al massimo il giorno polare, 24 ore ininterrotte di luce. Ma all’ultimo minuto, 10 giorni prima della prevista partenza, il gruppo perde alcuni partecipanti e il viaggio viene annullato. Avevo letto e studiato e non volevo perdere l’occasione…e spesso ultimamente mi ero trovata a immaginare un viaggio in solitaria: quale momento migliore. Confermo il mio biglietto e parto da sola.

La Groenlandia vista sul mappamondo sembra un cuore di ghiaccio, ma in estate le sue coste si sciolgono lasciando il posto a un tappeto di muschi e licheni…non ci sono alberi, al massimo qualche cespuglio e…..una quantità infinita di zanzare: cosi tante che è quasi obbligatorio utilizzare copricapi con reti che coprono tutto il viso e collo per proteggersi sin da subito appena si scende dall’aereo.

Kangerlussuaq è un posto surreale, sembra quasi un base militare abbandonata e non ti da assolutamente l’impressione di quella Groenlandia letta e immaginata prima del viaggio…ma è fuori dal paese che inizia la meraviglia: risalendo e costeggiando il fiordo in capo al quale sorge la città si arriva nella regione della calotta polare attraversando il circolo polare artico. Il percorso di trekking a piedi è semplice ma non corto e si impiega una giornata intera…ma il paesaggio che si apre davanti riempie gli occhi di silenzi e pacifica solitudine: le acque del fiordo alimentato dal ghiaccio che si scioglie le piccole case colorate isolate, una timida natura che fiorisce e la fortuna mi assiste perché riesco anche a vedere il famoso bue muschiato…E poi all’improvviso l’imponente muro bianco del fronte della calotta polare si staglia davanti agli occhi. Man mano che mi avvicino sembrava un mostro che sovrasta la terra sottostante: il tetto del mondo. Arrivata sul bordo si trasforma poi in una distesa bianco-azzurro trasparente di ghiaccio su cui lo sguardo si perde…sembra all’infinito…. verso il polo Nord.

Con gli occhi pieni di questa prima meraviglia e la testa che comincia a svuotarsi della frenesia quotidiana cui sono abituata, un volo interno con i tipici arei rossi della compagnia locale mi trasporta alla volta della Disko Bay, il cuore del mio viaggio. Per la cronaca tutti gli aerei della Greenland Air sono totalmente color rosso per facilitarne il riconoscimento in caso di incidente (bianco sul bianco della calotta di ghiaccio ha purtroppo reso in passato il compito più difficile!!).

Già sorvolando la baia lo spettacolo degli iceberg galleggianti nel mare sottostante è meraviglioso…ma arrivati a Ilulissat, il cuore si ferma di nuovo.  E’ ‘sera’ (per modo di dire:..il massimo dello scuro a mezzanotte somiglia alle 7 di pomeriggio della nostra estate) e l’acqua della baia è liscia come l’olio. Dovunque galleggiano iceberg da più piccoli a giganti e ti senti come davanti a un quadro in perenne movimento. Il paese è fatto di casette in legno colorato arroccate ognuna con almeno 2-3 cani da slitta in cortile (non è stagione per le slitte adesso ma ovviamente in inverno sono uno dei principali mezzi di trasporto). Gli abitanti del posto, gli Inuit (che tradotto vuol dire semplicemente ‘la gente’) sono persone gentilissime e affabili. Faccio amicizia con il proprietario di un’agenzia di escursioni di origini italiane di cui avevo letto prima di partire e mi accoglie come se fossimo amici da sempre. Grazie a lui trovo da dormire a casa di una famiglia locale che non parla per niente inglese ma ci capiamo a meraviglia a gesti: dopo cena il figlioletto mi porta a pescare. Il pesce è l’ingrediente principale di tutti i piatti…molti crudi e spesso essiccati…e il pezzo forte è la balena: mangiarla è un’esperienza molto particolare.. un pezzo di cotenna cruda di 2cm alto circa 5 che somiglia al lardo e che in bocca ha una consistenza  gommosa dura e praticamente insapore. Ma loro ne vanno fierissimi e non assaggiarlo sarebbe quasi offensivo. Avrei voluto avvistare qualche balena ma la stagione per farlo è ai limiti e non ho avuto questo privilegio. In compenso l’architettura locale fa ampia mostra di sculture create con le loro costole.

Navigare tra gli iceberg sotto il sole di mezzanotte è una delle esperienze più poetiche della mia vita. Fa parecchio freddo e non tira un alito di vento. Il mare è piatto e si increspa appena al lento procedere della barca su cui mi trovo…un peschereccio adibito al giro, anch’esso rosso per lo stesso motivo degli aerei. Il motore devo dire non fa rumore e ti senti veramente avvolta dal silenzio. Per un attimo la mente fa capolino al pensiero della gelida notte del Titanic. Improvvisamente un rumore….e un altro ancora, sembra un tuono e subito dopo un tonfo fragoroso e uno splash: assistere allo scontro di due grossi iceberg ti lascia stupefatto: emoziona  ma non fa paura…ma man mano che la barca procede ti rendi conto che accade di continuo. A volte li vedi avvicinarsi altre no ma senti la collisione delle parti sommerse con un crack, a volte si sfiorano e si sgretolano nel punto di contatto, altre si stacca un pezzo piu grande che cade in mare. Nei giorni e ‘notti’ a seguire imparerò a riconoscerne il suono anche dal paese, come un sottofondo a volte musicale per la periodicità con cui avviene. Passeggiando lungo un sentiero in cima alla cittadina mi sedevo spesso in quei giorni di fronte al mare nella pace più assoluta e ascoltavo il silenzio rotto solo dagli iceberg che si scontravano…li ho capito che la vera essenza del viaggio mi penetrava proprio perchè assaporato in solitudine.

Consigliata dal mio amico dell’agenzia locale decido quindi di passare qualche giorno sull’isola abbandonata di Ataa a circa 4 ore di navigazione dalla città gestita dal figlio e un gruppo di locali. Del vecchio insediamento locale rimangono solo 4 casette in legno colorato e un minuscolo cimitero di croci bianche dei suoi ultimi abitanti…. e tanta natura: le tre giornate passate li trascorrono lente ma divertenti tra trekking intorno l’isola, kayak in mare tra gli iceberg ed escursione fino al meastoso ghiacciaio da cui originano tutti gli icerberg della baia: l’Eqip Sermia. Un’altra oretta di navigazione ed il ghiacciaio comincia a intravedersi: ci si può avvicinare fino ad un chilometro di distanza. Il mare si copre progressivamente di una coltre di ghiaccio sbriciolato e diventa una distesa bianca…come una pianura di neve solcata solo dalla nostra imbarcazione che la apre. Ci fermiamo al punto di osservazione e rimaniamo ad osservare: il profilo del ghiacciaio muta in continuazione nell’ora che stiamo li a guardare…tocchi con mano e vedi dal vivo il suo scioglimento perenne continuo…in alcuni punti si sbriciola in altri si staccano enormi blocchi che cadono in mare…e anche qui nel suono di questo silenzio mi ritrovo a pensare a come tutto muta rapidamente e come cambia la vita ….e cambiamo noi.

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