The Shoe Factory di Marco Marcone
Un intero villaggio all’estrema periferia di Bagan (un luogo che Marco Polo definì come il più bello mai visitato prima), gravita attorno al business delle calzature.
L’odore pungente dei collanti arriva alle narici ben prima di raggiungere lo stabilimento. All’esterno una luce accecante; all’interno solo ombra, tagliata violentemente da alcune lame di luce.
Nell’aria il silenzio, misto all’odore di idrocarburi e gomma.
Mani giovani e piedi nudi. Gli adulti o i più grandi alle macchine, gli altri alle varie mansioni. All’esterno i bimbi piccolissimi a giocare e a guardare dentro, in attesa che arrivi il loro turno.
Il lavoro minorile è un fenomeno di dimensioni globali. Secondo le recenti stime dell’ILO, sono ancora 152 milioni i bambini — 68 milioni sono bambine e 88 milioni sono bambini — vittime di lavoro minorile. Metà di essi, 73 milioni, sono costretti in attività di lavoro pericolose che mettono a rischio la salute, la sicurezza e il loro sviluppo morale. Molti di loro vivono in contesti colpiti da guerre e da disastri naturali nei quali lottano per sopravvivere, rovistando nelle macerie o lavorando per strada. Altri vengono reclutati come bambini soldato per combattere nelle guerre volute dagli adulti. La realtà che questi dati ci descrivono è inaccettabile.