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Roberto Gregori – salt for life

Roberto Gregori – salt for life

The area of the Little Rann of Kutch (state of Gujarat, India), in ancient times was a shallow bay of the Arabian Sea.

As a result of seismic movements, the surface water has retreated, but remains in the subsoil with a salinity level 4 to 6 times higher than that of the sea.

At the end of the monsoon season, a period in which the rains completely flood the area, the Agariya, a semi-nomadic community that has been involved in the collection of salt for hundreds of years, move from the villages that rise on the edge of the desert of the Little Rann of Kutch to the more inland areas bringing with them everything necessary for their stay in that area for the next 8 months during which they dedicate themselves to the “cultivation of salt”,  an activity that currently involves about 40,000 people with a production that covers 76% of the total salt produced in India

The cultivation of salt takes place by pumping salt water to the surface from deep wells dug by hand to introduce it into huge tanks built with embankments of pressed earth and communicating with each other, where it slowly evaporates in the desert sun forming salt crystals that are processed every day several times with large wooden rakes to ensure that they agglomerate increasing in size and consequently in value at sale.

The price that is paid to the pickers is very low, on average from 2 to 4 dollars per ton, while the refined product, at the end of the processing, is worth an average of around 240 dollars.

The recent adoption of solar panels to power electric pumps has allowed the Agariya to significantly increase profits, which were largely eroded by the costs incurred for the purchase of the fuel necessary for the operation of the diesel pumps.

However, the life of growers is very hard: prolonged contact with salt causes skin problems and long exposure to the glare of sunlight on the white of the salt creates serious eye problems.

Roberto Gregori – sale per vivere

L’area del Little Rann of Kutch (stato del Gujarat, India), in tempi remoti era una baia poco profonda del mar Arabico.

A seguito di movimenti sismici, l’acqua superficiale si è ritirata permanendo però nel sottosuolo con un livello di salinità da 4 a 6 volte superiore a quella del mare.

Terminata la stagione dei monsoni, periodo nel quale le piogge allagano completamente l’area,, gli Agariya, una comunità seminomade che si occupa della raccolta del sale da centinaia di anni., si spostano dai villaggi che sorgono ai margini del deserto del Little Rann of Kutch nelle aree più interne portando con sé tutto il necessario per la loro permanenza in quell’area per i successivi 8 mesi durante i quali si dedicano alla “coltivazione del sale”, attività che attualmente coinvolge circa 40.000 persone con una produzione che copre il 76% del totale del sale prodotto in India

La coltivazione del sale avviene pompando l’acqua salata in superficie da profondi pozzi scavati a mano per immetterla in enormi vasche costruite con argini di terra pressata e comunicanti tra loro, dove lentamente evapora al sole del deserto formando i cristalli di sale che vengono lavorati tutti i giorni a più riprese con grossi rastrelli di legno per fare in maniera che si agglomerino aumentando di dimensione e conseguentemente di valore alla vendita.

Il prezzo che viene pagato ai raccoglitori è bassissimo, in media dai 2 ai 4 dollari per tonnellata, mentre il prodotto raffinato, al termine delle lavorazioni, vale in media intorno ai 240 dollari.

La recente adozione di pannelli solari per l’alimentazione di elettropompe ha consentito agli Agariya di aumentare sensibilmente i profitti che venivano in gran parte erosi dai costi sostenuti per l’acquisto del carburante necessario per il funzionamento delle pompe diesel.

La vita dei coltivatori è comunque molto dura: il prolungato contatto con il sale provoca problemi alla pelle e la lunga esposizione al riverbero della luce solare sul bianco del sale crea seri problemi agli occhi.


Roberto Gregori

Quello che mi piace fare è raccontare storie, che si svolgano dietro casa o a migliaia di chilometri di distanza, poco importa, quello che mi piace è farle conoscere.

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