Viaggio in Iran di Marco Parenti
Da ragazzo fotografavo luoghi in cui la presenza umana rappresentava un elemento di disturbo. Oggi non più, anzi i luoghi sono solo la cornice. Così nasce questo mio breve racconto per immagini, che restituisco al popolo dell’Iran.
Care donne d’Iran così dignitose e fiere, a voi chiedo il permesso di presentarvi ad altri, ad un pubblico a voi del tutto ignoto e di trasportarvi lontano dal vostro Paese. Chiedo ancora un altro permesso a voi, il primo, quello che più conta, quando nel mio cammino vi ho incrociato, me lo avete già generosamente concesso. Alcune consapevolmente, qualcun’altra ignara, ma tutte mai ostili. E chissà che addirittura non mi siate volentieri complici per questo viaggio, mosse, come vi ho intuito, da un desiderio di maggior libertà.
È questo che mi avete raccontato coi vostri gesti e i vostri volti dignitosi e fieri, un desiderio composto e pure così profondo di maggior libertà. Vi porto con me, allora, insieme ai vostri bambini e ai vostri uomini, avvolti tutti in un morbido cotone dentro la mia macchina fotografica. Difficilmente non mi avete sorriso, curiosi di «annusare» il diverso da voi; grazie per la vostra voglia di scoprirmi che mi ha innalzato al pari vostro.
È stato così che vi ho potuto un po’ scoprire, perché voi avete scoperto un po’ me.
Anche a voi resterà la mia immagine mentre io prendevo a voi la vostra. E perciò grazie. Delle vostre scarpe tutte così vicine, rispettose e in ordine. Della vostra curiosità, dello sguardo dei ragazzini divertiti di me, dei vostri passi eleganti e della vostra fatica così composta. Grazie a voi e all’Iran, vostra radice antica.